Amniocentesi

Scheda tecnica ed indicazioni

Mappa dei cromosomi

Mappa dei cromosomi

Con il termine Amniocentesi si intende il prelievo di liquido amniotico che viene effettuato, per via transaddominale, con un sottile ago sotto controllo ecografico. Tale liquido contiene in sospensione alcune cellule fetali ed alla fine degli anni 60 fu dimostrata la possibilità di coltivarle, cioè di farle crescere in vitro e poterle, quindi, studiare. Nel liquido amniotico sono inoltre presenti alcune sostanze che possono essere dosate ed analizzate per particolari indicazioni.

L’indicazione principale all’amniocentesi è rappresentata dallo studio dei cromosomi fetali. Questi sono presenti nelle cellule del nostro organismo nel numero di 46 o, per meglio dire, di 23 coppie di cromosomi omologhi che derivano in parti uguali dal padre e dalla madre. I cromosomi possono presentare delle anomalie di numero o struttura, vi possono essere quindi cromosomi in più o in meno (aneuploidia), oppure con anomalie della loro struttura. Il caso più frequente e conosciuto è la Sindrome di Down o Mongolismo che è causato dalla presenza di 47 cromosomi con un 21 in eccesso, infatti viene anche definita Trisomia 21. Altre aneuploidie sono la Trisomia 18 (S. di Edwards), la Trisomia 13 (S. di Patau), la Monosomia X (S. di Turner), etc.. L’incidenza di anomalie dei cromosomi aumenta in parallelo con l’età materna, ma anche nelle donne giovani si possono avere casi di anomalie. Ad esempio se la madre ha 20 anni le probabilità che nasca un bimbo Down sono di 1 : 1.105, se ha 30 anni 1 : 723, se ne ha 40 1 : 92. Il rischio complessivo per tutte le anomalie dei cromosomi è invece all’incirca il doppio.

La diagnosi può essere fatta attraverso la coltura delle cellule fetali presenti nel liquido amniotico e l’osservazione al microscopio dei cromosomi (tecnica tradizionale), oppure più recentemente utilizzando una metodica di biologia molecolare, chiamata microarray-Comparative Genomic Hybridization (CMA o cariotipo molecolare), che consente di identificare anche alcune patologie derivanti da alterazioni submicroscopiche non visibili con la tecnica tradizionale. Si possono inoltre valutare sostanze presenti nel liquido che consentono la diagnosi di alcune malattie come i difetti del tubo neurale, le anomalie del metabolismo, etc.. Tramite tecniche di biologia molecolare (PCR), può inoltre essere eseguita l’analisi diretta di frammenti di DNA per la diagnosi di svariate malattie genetiche quali la talassemia, la fibrosi cistica, la Sindrome del Cromosoma X fragile, la Sordità Congenita, la Distrofia Muscolare di Duchenne-Becker, etc.., i deficit metabolici e ricercare la presenza di frammenti di DNA di agenti infettivi, segno di possibile infezione fetale nei casi di Toxoplasmosi, Virus Citomegalico, Rosolia, etc…

Le principali indicazioni all’amniocentesi sono :

  • Età materna maggiore di 35 anni (vedi Screening del Primo Trimestre)
  • Alterazioni cromosomiche nei genitori
  • Storia familiare di aneuploidie o malattie genetiche
  • Pregressa aneuplodia fetale
  • Malformazioni fetali rilevate all’ecografia
  • Risultato positivo dei test di screening
  • Analisi del DNA per le malattie genetiche
  • Ricerca di agenti infettivi
Il prelievo di liquido amniotico viene effettuato per via transaddominale. Viene eseguito preliminarmente un esame ecografico per confermare l’epoca gestazionale, il numero dei feti, la vitalità e la morfologia di questi, la quantità di liquido amniotico e la localizzazione placentare. Tutta la procedura viene eseguita sotto controllo ecografico per diminuire i rischi di fallimento della procedura o di danni occasionali al feto che in questo modo sono rarissimi.
Una volta giunti in cavità si aspirano 15 cc di liquido amniotico che vengono inviati al laboratorio con le indicazioni del caso. Nelle gravidanze gemellari, in presenza di due diversi sacchi amniotici, la procedura è sostanzialmente la stessa, ma l’operatore esperto è generalmente in grado di eseguire entrambi i prelievi con un’unica inserzione attraversando le membrane che dividono i gemelli. Ciò naturalmente riduce il rischio di aborto perchè si effettua una sola puntura dell’utero. Il liquido amniotico è formato prevalentemente da urina fetale e viene, quindi, nuovamente reintegrato in tempi rapidi.
L’esame dura circa un minuto ed è praticamente indolore se eseguito da mani esperte.
schema di esecuzione dell’amniocentesi

Schema di esecuzione dell’amniocentesi

L’esame viene generalmente eseguito a partire dalla 15° settimana di gestazione. Si ritiene che questo sia il periodo ideale, sia per la presenze di una quantità ottimale di liquido amniotico, che per il riscontro di minori fallimenti colturali dovuti all’elevato numero di cellule fetali presenti nel liquido in quest’epoca.
L’amniocentesi può comunque essere eseguita sino al termine della gravidanza.
Il rischio di aborto viene generalmente quantificato nello 0,5-1%, cioè un caso ogni 100-200 procedure. Il rischio è legato soprattutto alla rottura delle membrane che può occorrere entro 2-3 giorni dall’esame. Tale rottura appare legata principalmente ad una intrinseca fragilità delle membrane oppure ad infezioni latenti che si riaccendono con il trauma del prelievo. Qualora il primo tentativo di prelievo non avesse successo è possibile introdurre nuovamente l’ago ma ciò naturalmente aumenta i rischi.
Altre possibili complicanze sono le infezioni (amniotiti), lo scolo intermittente di liquido ed i danni fetali (eccezionali). Nonostante l’apparente semplicità dell’esame l’incidenza di aborto e complicanze è strettamente legata alla capacità ed all’esperienza dell’operatore ed il rischio può tranquillamente essere ridotto od aumentato in modo significativo. Nella nostra casistica l’esperienza degli operatori ha consentito di ridurre il rischio di aborto al di sotto dello 0,5% e di azzerare quasi le complicanze.
Noi consigliamo di assumere, dal giorno precedente l’esame, un antispastico per ridurre l’eventuale insorgenza di contrazioni uterine, e di rimanere a riposo a casa per 2-3 giorni. E’ sconsigliabile praticare l’esame in presenza di episodi febbrili della madre ed in caso di minaccia di aborto in corso. Nel caso di madre Rh negativa è opportuno eseguire dopo l’amniocentesi l’immunoprofilassi anti-D per prevenire la possibile formazione di anticorpi anti Rh.

Esecuzione amniocentesi

Amniocentesi tradizionale e/o con array CHG

Quantitative Fluorescent PCR

Quantitative Fluorescent PCR

Per la determinazione del cariotipo fetale con tecnica tradizionale è necessaria la coltura delle cellule ricavate dal liquido amniotico e la successiva valutazione dell’assetto cromosomico attraverso l’analisi al microscopio. Le colture cellulari richiedono tempi di attesa di circa 15-18 giorni, a volte anche di più perché le cellule si moltiplicano con lentezza o è

addirittura possibile che non crescano adeguatamente, il che richiede la ripetizione del prelievo per allestire una nuova coltura.

Ciò accade raramente, circa una volta ogni 100-150 prelievi. Per ridurre i disagi derivanti dalla lunga attesa, noi eseguiamo di routine una tecnica di biologia molecolare, Quantitative Fluorescent-Polimerase Chain Reaction (QF-PCR), che consente di ottenere in sole 48 ore una valutazione estremamente attendibile relativa alle principali aneuploidie. Sul liquido amniotico viene inoltre eseguito il dosaggio dell’alfa-fetoproteina che è un ottimo marcatore diagnostico in presenza di difetti aperti del tubo neurale ( spina bifida ).

Schema del processo d array CGH

Schema del processo  array CGH

L’introduzione, avvenuta negli ultimi anni, della tecnica microarray CGH, basata sulla biologia molecolare, consente di effettuare un approfondimento diagnostico di secondo livello che si esegue per integrare l’esame tradizionale. Con questa tecnica non è necessaria la coltura cellulare, e quindi i tempi diagnostici sono più brevi (3-5 giorni), ciò

consente una risposta più veloce anche in epoca gestazionale avanzata e non vi è il rischio di fallimento della coltura cellulare.

Con questa tecnica non è necessaria la coltura cellulare, e quindi i tempi diagnostici sono più brevi (3-5 giorni), ciò consente una risposta più veloce anche in epoca gestazionale avanzata e non vi è il rischio di fallimento della coltura cellulare. L’analisi con microarray consente di identificare, oltre alle tradizionali aneuploidie, alcune patologie derivanti da alterazioni cromosomiche submicroscopiche (ad esempio la Sindrome di DiGeorge, la cri-du-chat, la Prader-Willi, etc..) non evidenziabili con il cariotipo tradizionale. E’ particolarmente indicata in feti con severo ritardo di crescita, malformazioni, Traslucenza Nucale molto elevata ed a supporto dello studio citogenetico tradizionale.

American College of Obstetricians and Gynecologists
American College of Obstetricians and Gynecologists

L’American College of Obstetricians and Gynecologists ha suggerito che l’uso dell’analisi con microarray è in grado di identificare quasi tutte le anomalie individuate dallo studio tradizionale del cariotipo fetale ed anche altre, ma non tutte, specifiche malattie genetiche. Possono essere diagnosticate malattie la cui gravità ed epoca di insorgenza sono molto variabili e non è possibile prevederle per il caso singolo.

Il test potrebbe individuare casi di consanguineità fra i genitori o di non-paternità. L’impiego dell’analisi con microarray richiede, quindi, una attenta consulenza genetica prima e dopo l’esame.

Esito dell’esame

Lo studio della mappa cromosomica fetale richiede circa 15 giorni, la maggior parte dei quali serve per la coltura cellulare. E’ possibile talora che le cellule messe in coltura non crescano adeguatamente, si parla in questo caso di fallimento della coltura. Questa evenienza, estremamente rara e quantizzabile all’incirca nello 0,5 % dei casi, richiede un nuovo prelievo di liquido per allestire altre colture. La sicurezza diagnostica dell’esame è molto elevata e gli errori sono assolutamente eccezionali se il genetista ha un’esperienza adeguata.

Il nostro Centro offre inoltre la possibilità di avere anche un esito preliminare nell’arco di 2 giorni. Tale esito si basa su una tecnica diversa, QF – PCR, che prevede l’impiego di sonde a DNA specifiche per i diversi cromosomi ed ha una attendibilità del 95 % circa. Il tempo diagnostico nel caso in cui si esegua l’array CGH, tecnica di biologia molecolare che non necessita di coltura cellulare, è invece più breve rispetto alla tradizionale tecnica citogenetica, ed è possibile avere una risposta in 3-5 giorni riducendo al minimo i tempi di attesa e l’ansietà della paziente. Per ricercare invece agenti infettivi, malattie genetiche o metaboliche, il tempo necessario per la diagnosi è compreso fra i 10 ed i 15 giorni.